Leggo a pagina 13 de Il Venerdì di Repubblica del 20 marzo l’articolo il cui titolo ho già citato, di Curzio Maltese:
“La sinistra si illude ancora che i cittadini votino sulla base di ragionamenti e non di emozioni. Purtroppo non è così, non lo è mai stato né in Italia né altrove. Le ricerche più serie dicono, in estrema sintesi, che un terzo dell’elettorato “nasce” orientato a sinistra e un terzo a destra.
Questi due zoccoli duri, nei sistemi democratici, non cambiano idea quasi mai, quale che sia l’offerta politica, l’ideologia vincente, i leader. Il rimanente terzo, decisivo per la vittoria, è composto da persone poco interessate alla politica, che scelgono di volta in volta. Quasi mai per interesse o convincimento razionale, ma esprimendo col voto innanzitutto un sentimento.
Naturalmente, in una democrazia esistono dei correttivi all’”anzitutto”. Buone istituzioni, buone scuole e soprattutto una libera informazione danno un contributo importante nello spostare il campo delle decisioni politiche dall’irrazionale al razionale. Con tv e giornali liberi e indipendenti, o anche solo un po’ decenti e non servili, sarebbe facile per l’opposizione dimostrare l’inettitudine del premier e dei suoi ministri più popolari.
Berlusconi solo un paio di mesi fa ha invitato i risparmiatori a investire tutto nell’acquisto delle azioni Eni ed Enel. Il malcapitato che avesse preso sul serio il consiglio, oggi vedrebbe il suo capitale ridotto di un terzo in poche settimane. L’anno scorso Tremonti si è presentato all’onore delle cronache con un’idea geniale, la Robin Tax: tassare gli eccessivi utili delle banche. Oggi è lo stesso che vuole salvarle dal crac con tonnellate di danaro pubblico. I dati sugli sbarchi clandestini e sulla criminalità dicono che la legge Bossi-Fini è stata la peggiore d’Europa in questi anni.
Ma una libera informazione in Italia non esiste, dunque bisogna rassegnarsi a una lotta politica tutta fondata sul consenso emotivo. In questo Berlusconi è un maestro, in perenne sintonia con gli umori profondi, e cangianti, del Paese. Il politico percepito come affidabile non è chi mantiene le promesse, ma chi promette ciò che la gente vuole in quel preciso momento.
D’altra parte, il bravo politico non disdegna la comunicazione emotiva, al contrario sa usarla per un buon fine. E’ un concetto piuttosto semplice, ma da sempre ostico ai leader della sinistra. Molto meno a quelli di cultura cattolica, come Prodi in passato e Franceschini ora. Per ovvie ragioni. Se gli uomini agissero fidando nella sola ragione, la religione non esisterebbe da un pezzo.”
Giorgio Bocca poco sopra conclude la sua analisi sulla banalizzazione dell’italiano scrivendo: “…puoi dire le sciocchezze che vuoi, affermare tutto e smentire tutto, dalla crisi all’energia nucleare, alla sacralità della vita, perché, come insegna Silvio, le parole non contano, conta la faccia, purché appaia sulla lanterna magica.”
Come dar loro torto? Io appartengo allo zoccolo duro, quello degli irriducibili della sinistra (ma che novità!!!) ed il dover prendere atto che ci tocca subire il governo decretato dagli “emotivi” è un insulto alla ragione. Anche perché, davvero: qualsiasi panzana venga loro detta, questi ci cascano peggio dei polli!
Una volta Montanelli ebbe a dire: “tappiamoci il naso e votiamo DC”. Ovvio che non ero d’accordo… ma anche trasformandolo in un più moderno “votiamo PD”, non ci riesco proprio. Il mio collo si può obtorcere, ma fino ad un certo punto (diciamo fino all’arcobaleno). Non riesco a pensare che il PD sia “il meno peggio”. In fondo, quando era al governo, che ha fatto di così clamoroso? Ha per caso pensato (non dico di portare il discorso alle logiche conseguenze, che probabilmente sarebbero mancati i voti in parlamento) di affrontare la questione del conflitto di interessi? Ha sbattuto Rete4 fuori dalle frequenze che occupa abusivamente? Ha eliminato il precariato? Ha modificato la legge elettorale? Ha pensato ai diritti dei malati e/o dei cosiddetti “diversi”? Oppure ha anche solo eliminato qualche privilegio e qualche spreco? No, perché una volta c’era Mastella, poi c’era De Mita, poi c’era Rutelli e la Binetti e chi più ne ha più ne metta. Ma invece di prendere atto della pessima compagnia, i nostri hanno pensato bene di buonizzare la destra e dare tutte le colpe ai massimalisti della sinistra, tant’è che alle elezioni si son presentati da soli (ma evidentemente non sono capaci di ballare…). E meno male, dico io: perché forse, se avessero lasciato uno spiraglio ed avessimo presentato liste comuni, mi sarei ritrovata a votarli (che tanto poi, con questo sistema di non-preferenze, il voto andava a loro). Obtorto collo, anzi, decisamente fracto.
Perché io penso che la sinistra sia entrata in crisi quando ha cercato di cambiare faccia. Dopo la caduta del muro di Berlino, qualsiasi cosa avesse una vaga somiglianza anche solo con la parola “comunismo” doveva essere epurata. Non dico fosse solo smania di arrivare – finalmente! – al governo e/o stanchezza di fare opposizione. Ma farsi crocifiggere perché il comunismo ha commesso crimini infami mi è sembrato – e mi sembra tuttora – assurdo. Ho già detto non so dove che qualsiasi dottrina s’è macchiata di infamie – e per dottrina intendo sia quelle di tipo filosofico/sociale che le religioni: pensate all’Inquisizione… - perché comunque una dottrina è teoria, la pratica la fanno gli uomini. Anzi, specifichiamo meglio: gli individui (che poi potrebbe sembrare che il problema si risolve mettendo tutto in mano alle donne: guai!). E gli individui sono fallaci, quindi ci sta anche che alcuni comunisti abbiano sbagliato. Embé? Forse che essere comunista significa essere automaticamente masochista? Non credo proprio…
Dobbiamo tornare ad essere quello che di autentico abbiamo nel nostro patrimonio, e non solo nelle parole.
Altrove ho detto che un bel programma non mi basta, che bisogna anche fare. Qui aggiungo che – alla luce anche dell’articolo riportato – mi rendo conto che non sarà solo il “fare” a sbilanciare la bilancia degli emotivi, che anzi, se guardiamo ai risultati delle elezioni sarde vien da pensare che tutto è perduto.
Certo, la strada è difficile e l’informazione è… diciamo faziosa (eufemismo). Un esempio per tutti: mentre Berlusconi inaugurava la tratta Bologna-Firenze a bordo del Freccia Rossa e tutti i giornali ed i TG gli davano ampio spazio (questo è un articolo a caso), solo l'Unità diceva che un altro Freccia Rossa perde i pezzi… e noi? Un paio di giorni prima, Solleviamoci ha pubblicato questo. Ma qualche TG ha detto qualcosa? Evidentemente era una notizia irrilevante… tipica della cultura disfattista dei comunisti.
Ma torniamo al discorso iniziale. Che ce li abbiamo tutti contro ce ne siamo accorti, credo. Che decidiamo o anche solo pensiamo di valutare la possibilità di ammorbidirci, di venire a patti per un pugno di visibilità (per il cadreghino, direbbero dalle mie parti) non credo sia ipotizzabile, per fortuna!, dico io.
Non ci resta che… tornare sul territorio. Con i poveri, gli ultimi, gli umili. Detto da me, che in questo momento non sto facendo alcunché di utile, suona provocatorio. Lo so. Ma è anche – a mio avviso – l’unica strada percorribile.
Nessuna concessione agli emotivi (d’altra parte, chi ce lo vede per esempio Oliviero Diliberto a promettere barche a tutti? Chi gli crederebbe, a parte gli emotivi? Che ci promettesse di ricostruire il PCI – senza compromesso storico ed unità nazionale – come ha già fatto: quello sì, anche se a quelli di cui sopra non piacerà, perché c’è da sporcarsi le mani, non da incassare premi…)